"Il socrate di Soleto"
"La vita di Mattero Tafuri, alchimista, filosofo, astronomo, astrologo e scienziato, poco apprezzato nella sua terra"
“Nemo propheta in patria” è la versione in latina della frase dei Vangeli canonici, attribuita a Gesù, il Cristo. Il significato è noto a tutti. Ci sono persone a cui spesso vengono riconosciuti capacità e meriti, anche a livello internazionale ma meno nella terra di origine.
Tutto questo è accaduto, anche, a Matteo Tafuri. Nella seconda metà del XVI secolo, conosciuto ed apprezzato nelle principali corti europee come alchimista, filosofo, astronomo, astrologo e scienziato, e denominato il "Socrate di Soleto", meno nel Salento dove è ormai caduto nel dimenticatoio e nell'oblio, solo in pochi lo ricordano.
Nacque a Soleto nel 1452, fu allievo del noto grecista Sergio Stiso di Zollino, uno dei più importanti umanisti salentini, poco noto fino ad alcuni anni fa, è stato riscoperto solo di recente, grazie ad alcuni documenti epistolari di corrispondenza con lo studioso greco Nicola Petreo di Curzola, suo allievo ed amico. Tafuri, in seguito, volle approfondire gli studi della matematica e della medicina, per questo nel nell’agosto del 1492 si trasferì a Napoli.
È difficile ripercorrere gli studi del Tafuri con gli occhi dell'uomo moderno, ma egli era un ricercatore, senza troppi pregiudizi, studiava con lo stesso impegno scienze come la medicina e la matematica, discipline come l'astrologia e la “Magia Naturale”, seguendo gli insegnamenti Giovan Battista della Porta, famoso studioso e anche filosofo, alchimista, commediografo e scienziato dell'epoca.
Dopo essere stato nel capoluogo campano prosegui i suoi studi ed in suoi viaggi in numerose altre città. Si recò a Venezia, dove un atto di disperazione lo portò a bruciare parte dei suoi scritti ed alcuni libri e poi in Polonia, in Germania, Francia dove si laureò all’Università della Sorbona in Medicina e Filosofia, e poi ancora in Spagna, Africa Settentrionale, Persia ed Asia.
Dopo una vita trascorsa nelle principali corti europee, Matteo Tafuri decise di ritornare a Soleto e dedicare il resto della sua vita alla professione di medico; nonostante i risultati che riuscì ad ottenere nella cura dei suoi concittadini, la sua figura era circondata da un alone di mistero e di sospetto. Non sappiamo se questo fosse dovuto dai suoi studi a carattere, anche, esoterico o dai sospetti che la chiesa cattolica continuava ad avere su chiunque si discostasse dalla sua dottrina. Per invidia professionale venne denunciato al Tribunale dell’Inquisizione, sottoposto ad un interrogatorio e rilasciato senza conseguenze. Non ne è noto il motivo: secondo alcune cronache, perché troppo conosciuto e famoso. Pare che la moglie sia stata meno fortunata e venne bruciata sul rogo come strega. Non a caso sul muro della sua casa, nel centro storico di Soleto, è ancora possibile leggere il suo motto: “Humile so et humiltà me basta. Dragon diventerò se alcun me tasta”, proprio per sottolineare il suo carattere umile e mite, ma capace di trasformarsi in un drago se non fosse stato lasciato in pace.
Raimondo Orsini Del Balzo, principe di Taranto e conte di Soleto, ordinò la costruzione del famoso campanile di Soleto. Solo una leggenda racconta che demoni e grifoni al servizio del "mago" Messer Matteo Tafuri lo costruirono in una sola notte. Questo non è potuto succedere in quanto il Tafuri nacque circa un secolo dopo la costruzione dell'opera. Sicuramente la presenza dei grifoni e di altri simboli esoterici non posso certo escludere un legame tra lo studioso ed il misterioso campanile.
Di Matteo Tafuri, purtroppo, non è rimasto molto, non ci sono i suoi studi, né i suoi libri, l'unica testimonianza scritta è il Codice Vaticano 2264, dove è riportato il suo impegno speculativo. E le opinioni su di lui sono controverse. Sicuramente fu uno studioso di riconosciuta fama.
Sulle sue molteplici attività, tra cui quella di medico, non possiamo dire molto, ma resta il dato oggettivo che visse a lungo, nacque a Soleto l'8 agosto del 1492, dove morì il 18 novembre del 1584, a 92 anni, una “cifra” decisamente notevole per l'epoca. Ci lasciò con il pensiero che, come alchimista, avesse trovato la pietra filosofale in grado di guarire tutte le malattie.