Energia ed ecosostenibilità
Non è un caso, non può essere un caso, che da 20 anni a questa parte in Europa e nel mondo non si parli più di nucleare o di nucleare da fissione. Chernobyl insegna.
Però si torna a parlarne, sommessamente, ciclicamente, e le ragioni sono tutte legate alla necessità di una maggiore autonomia nelle politiche energetiche. L’autonomia e l’indipendenza energetica di una nazione sono certamente fattore di sviluppo, di benessere; sono quindi un obiettivo politico-strategico ampiamente condivisibile. Può questo giustificare il ritorno al nucleare come scelta strategica?
È giusto avviare una seria riflessione sull’argomento, senza posizioni preconcette, senza falsi ideologismi, poiché il futuro dell’umanità è imprescindibilmente legato all’acquisizione di nuove ed alternative fonti energetiche.
Sono posizioni preconcette o falsamente ideologiche tutte quelle che, per interesse o per ignoranza, propendono a sostenere, per intero, una soluzione piuttosto che un’altra.
Il Nucleare (da fissione)
Quando si parla di energia nucleare, di centrali termoelettriche a fissione nucleare (e quindi anche quelle di terza generazione) occorre tener conto di alcuni, poco noti, ma imprescindibili ed incontrovertibili aspetti:
• 100.000 anni per attenuare la radioattività delle scorie di uranio provenienti dalla fissione atomica per la produzione di energia elettrica;
• 100.000 anni di stoccaggio delle medesimi scorie, in siti protetti, a prova di terrorismo; anche questi sono costi; post-produzione, ma COSTI; altissimi costi quando si moltiplica per 100.000;
• gravissime conseguenze per l’uomo e l’ambiente in caso di incidente;
• costi elevati per la produzione e per la realizzazione delle centrali rispetto ad altre e più tradizionali tecnologie;
• imponderabili e inimmaginabili ripercussioni sociali nella fase di individuazione e localizzazione dei siti per le centrali e per lo stoccaggio delle scorie radioattive;
•una volta ultimato il loro ciclo produttivo, le centrali devono essere smantellate di sana pianta; tutti i componenti venuti a contatto con l’uranio o con le sue scorie sono anch’essi radioattivi e vanno trattati allo stesso modo delle scorie: 100.000 anni.
Fonti alternative
Valga l’esempio di chi sostiene a spada tratta le centrali a biomasse e che per farlo sottolinea a maggior ragione le sinergie instaurabili col mercato locale agricolo. Salvo poi a constatare che si sacrificano superfici enormi per la coltivazione di prodotti da cui ricavare le biomasse, a discapito di quelle destinate all’alimentazione umana. Proprio di recente il grave allarme mondiale circa le scorte di grano e, di conseguenza, anche l’aumento indiscriminato e speculativo degli stessi prodotti agricoli e loro derivati (pasta, pane etc.).
In prospettiva, stesse ripercussioni, se non ancora più gravi, nel caso delle centrali fotovoltaiche. Non c’è più nessuno che voglia coltivare la terra.
E come dar torto al contadino che ha una maggiore redditività standosene a riposo?
La civiltà contadina che è fortemente radicata sull’intero territorio italiano ed implica fattori ambientali, culturali, turistici di livello mondiale, da qui a qualche anno, rischia di scomparire totalmente, venendo meno la conoscenza e con essa il trapasso delle nozioni e tradizioni.
Il tutto per far posto a sconfinati campi di PANNELLI SOLARI o EOLICI che, forse, solo in zone desertiche non darebbero fastidio a nessuno. Queste sono storture del sistema francamente inaccettabili.
Ma il peggio, ricordo, è sul piano economico e sociale per il conseguente venir meno dell’autosufficienza alimentare.
Ben vengano i panelli solari nelle costruzioni, sui tetti delle case, dei capannoni, nelle aree industriali dismesse, sui tetti delle scuole. Ma sostituire i campi di grano o di erba medica con le centrali fotovoltaiche o ancora peggio (non c'è mai fine al peggio) con quelle eoliche, è veramente un delitto verso l’uomo e la natura.
E quindi …
Non esistono verità assolute; non esiste nessuna forma di produzione di energia che non alteri qualcosa rispetto a prima. Valga ricordare l’insegnamento di scolastica memoria che NULLA SI CREA, NULLA SI DISTRUGGE, TUTTO SI TRASFORMA.
In questo panorama allora è necessario ponderare ogni possibilità, ogni nuova risorsa, ogni nuova proposta, valutando l’insieme di costi e/o benefici nel campo economico, ecologico, sociale, per poi decretare la compatibilità - sostenibilità della proposta rispetto alla realtà locale nella quale essa andrà ad insistere, al fine di conseguire un punto di equilibrio e di sintesi delle varie proposte.
Sia quindi chiaro che, chi crede di poter risolvere il problema energetico mediante il solo sviluppo ed utilizzo delle cosiddette fonti energetiche alternative, è completamente fuori strada.
Da qui la necessità di un piano energetico nazionale - regionale che tenga conto dei vari fattori di sviluppo del territorio, della naturale vocazione-connotazione del medesimo, del loro bilancio energetico tra produzione e consumi.
Che senso ha, infatti, individuare una nuova centrale termoelettrica (sia pure a bio-masse) o ancor peggio termo-nucleare, in un territorio che consuma solo la metà dell’energia già prodotta? (VEDI REGIONE PUGLIA).
Oltretutto la rete di trasporto dell’energia elettrica in Italia ha raggiunto il suo maggior livello prestazionale per cui, ogni eventuale surplus energetico, deve necessariamente essere supportato da nuove reti di trasporto con l’ovvia conseguenza che, il costo di realizzazione delle nuovi centrali, non è più solo quello ad esse strettamente connesso o correlato.
L’opinione pubblica è ormai largamente sensibile alle problematiche connesse con l’ecosostenibilità di qualsiasi nuova infrastruttura.
Qualunque politica energetica che non tenga conto dei fattori sociali-ambientali-prestazionali di un territorio è destinata a fallire miseramente.
Una sola certezza emerge da queste riflessioni: non smettere mai di ricercare nuove soluzioni.