Ai disastri ci si abitua
"Grazie a Dio, gli uomini non possono ancora volare e sporcare i cieli così come fanno con la terra".
Henry David Thoreau
Se Thoreau fosse ancora tra noi, dovrebbe ricredersi e prendere atto di come siamo invece diventati bravissimi a fare entrambe le cose, avendo i piedi saldamente ancorati al suolo, seppur cominciamo già a pensare di poter viaggiare alla velocità della luce, e di come abbiamo affinato la nostra disastrosa capacità di sporcare la terra, alleandoci con il cielo.
Nei primi giorni di questo maggio, esattamente il 5 Maggio, il fuoco, uno dei 4 elementi dell'universo, attraverso le fiamme presso la "Eco x" di Pomezia, comune dell'Agro Romano di circa 63.000 abitanti, confinante con la capitale, ci ha riportati indietro nel tempo, per i meno giovani, sulla nube di Chernobyl1 e su quella di Seveso2.
Sarà la magistratura ad accertare se l'origine dell'incendio possa essere dolosa o colposa, elencare le varie cause del disastro, le mancanze strutturali e tecniche presenti in azienda prima dell'incidente, imputabili all'amministratore unico della società, primo iscritto nel registro degli indagati.
Ora possiamo soltanto elencare e riflettere ciò che in prima battuta, questo incidente ha causato.
La "Eco servizi per l'Ambiente S.r.L.", ramo d'azienda della "Eco X", per effetto di una voltura stipulata nel 20143 debitamente autorizzata, registrata e pubblicata sul Bollettino Ufficiale della regione Lazio, ha sede sulla Via Pontina di Pomezia (Roma) ed è una società autorizzata alla gestione di rifiuti speciali pericolosi e non.
Ciò la poneva sul proprio territorio, parliamo oramai al passato, come referente per Enti Pubblici e privati per la stipula di appalti circa la raccolta, il trattamento e/o miscelazione, lo stoccaggio, il recupero, il deposito, lo smaltimento di numerose tipologie di rifiuti (Dai rottami metallici ai rifiuti sanitari, ai rifiuti di mense, ai rifiuti dei mercati, ai rifiuti chimici, ai rifiuti in plastica, accumulatori in piombo, rifiuti RAEE da apparecchiature elettriche ed elettroniche, in legno, in ferro, alluminio ed altri metalli, etc. etc.) autorizzati, tra quelli elencati nel Codice Catalogo Europeo dei Rifiuti, in vigore dall'1.1.2002 , riportati sulla Direttiva del Ministero Ambiente in data 9.4.2002, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 108 del 10 maggio 2002 - Serie Generale e corrispondente all'allegato D, Parte IV del Decreto Legislativo 03 Aprile 2006, n.152.
Ebbene, l'incendio di Pomezia richiama in toto l'applicazione di tale ultimo strumento legislativo, considerato il testo unico sulle norme in materia ambientale in Italia, proponendosi la difesa del suolo, la tutela delle acque dall'inquinamento, le norme di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, le norme di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera.
È tutto sommato un buon strumento legislativo benché vastissimo, ma nell'ambito dei rifiuti, laddove entrano in gioco enormi quantità di denaro unitamente alla complessità delle norme, la mente umana escogita continue ed illegali perle di natura tecnica per aggirare la legge.
Se a questa si aggiunge una assente o quasi attività di controllo esercitata dalla Autorità, dalla Pubblica Amministrazione, è naturale aspettarsi una potenziale attività di inquinamento.
Anche la "Eco X" era stata oggetto, fino al novembre del 2016, di esposti da parte dei cittadini per le emissioni di miasmi maleodoranti, enormi accumuli di spazzatura, rifiuti di plastica, pneumatici completamente all'aperto.
Nelle prime ore del mattino del 5 Maggio scorso, forse a causa di un mozzicone di sigaretta, quindi un innesco accidentale, prendono fuoco le balle compresse di rifiuti compattati ed ammassati all'aperto su una porzione del sedime aziendale.
In un primo momento, gli operai presenti organizzano le prime attività di spegnimento ma senza successo, poiché manca un piano antincendio, sono assenti gli strumenti antincendio idonei, le polveri adeguate per la tipologia di quell'incendio.
Più tardi, ai pompieri mancheranno le aree libere da ingombri di rifiuti, l'azienda ne è satura, per procedere alla ripulitura delle aree calde.
Questo, nonostante l'azienda, nel 2012, sia stata sottoposta a controllo, multata ed obbligata a dotarsi di obbligatorie misure antincendio. Non avendovi adempiuto, la natura plastica, altamente infiammabile di imprecisate ed enormi quantità di rifiuti, unitamente ad un sistema antincendio pressoché assente, fanno il resto.
Non è possibile ora stabilire se possano esserci stati dei sfioramenti nel riciclo dei rifiuti, sia a livello quantitativo sia in relazione alla tipologia dei rifiuti trattati (si pensi, anche migliaia di pellicole cinematografiche, le cosidette "pizze"), ma lo si sospetta fortemente.
Resta il fatto che le fiamme, anche durante l'intervento delle squadre di soccorso, si propagano alle altre aree aziendali, all'interno dei capannoni il cui tetto contiene amianto e successivamente causa la totale devastazione e distruzione di tutta l'area aziendale, anche a causa delle difficoltà a reperire acqua utile a spegnere l'incendio.
Nel cielo si innalza una immensa nube nera, favorita dalla scarsità dei venti, visibile a decine di chilometri di distanza, la cui area di influenza abbraccia decine di comuni tra Roma e Latina, fino ad arrivare al Mare Tirreno, spandendo fetori e ricadute di amianto e diossina superiori ai limiti di legge, sul suolo, nell'aria, nelle acque.
Come prima conseguenza, si registra il blocco del traffico su tutte le arterie stradali, provocando in principio allarme e panico.
A Pomezia viene disposta la chiusura delle scuole, delle attività commerciali, vengono emanate ordinanze sindacali di dubbia efficacia con le quali si invita la popolazione a tenere chiuse porte e finestre.
Vengono sospese le visite del pubblico alla Tenuta Presidenziale di Caspelporziano, a sud di Roma, tra la Pontina, Pratica di Mare e il Mar Tirreno.
Nelle ordinanze sindacali dei comuni di Nettuno, Anzio, Pomezia, Ardea, Velletri, Lavinio, Lanuvio, Genzano, Albano laziale, Ariccia, Nemi, Castel Gandolfo, Marino, Ciampino, Frascati, Grottaferrata, Rocca di Papa, Rocca Priora, Montecompatri, Monte Porzio Catone e Colonna, si invitano i cittadini a tenere chiuse le finestre delle abitazioni, scuole, uffici, strutture sanitarie e socio – assistenziali, limitare gli spostamenti se non strettamente necessari e di lavare con accuratezza frutta e verdura, come prescritto e indicato dalla struttura sanitaria.
La città di Pomezia si svuota. Migliaia di cittadini si trasferiscono altrove, raggiungendo i propri familiari in altre città di Italia, in attesa della scomparsa della nube e di dati rassicurativi sulla salute pubblica.
Altre migliaia di cittadini si barricano in casa e non escono per strada. Si registra sul mercato, per esaurimento, la sparizione delle mascherine per la protezione di naso e bocca, impedendo la respirazione di sostanze inquinanti nell'atmosfera.
Gli istituti Zooprofilattici Sperimentali del Lazio e della Toscana promuovono misure di prevenzione e campionamento del latte sugli allevamenti presenti nella zona interessata dal rogo, per le sostanze nocive che si concentrano nel latte.
Intanto si effettuano smantellamenti di intere coltivazioni, mentre intere raccolte di ortaggi, per un raggio ritenuto utile fino a 50 chilometri dall'incendio vengono inviate al macero con inestimabili danni economici per gli imprenditori agricoli, interrompendo la fornitura alle mense ospedaliere, scolastiche, aziendali.
L'Arpa Lazio, nelle prime analisi effettuate il 5 ed il 6 maggio, ha registrato 77,5 picogrammi di diossina a metro cubo (il limite e di 0,1), 9,1 nanogrammi di idrocarburi (la soglia di legge è 1), 394 picogrammi di Pcb (il massimo è 0,1), accertate tracce di diossina sull'orzo da campo e amianto sul tetto del capannone dell'impianto.
È ancora presto per quantificare i danni, stabilire in toto la portata del danno ambientale, stabilire risarcimenti e le future contromisure.
Per i risarcimenti, è molto probabile che al danno possa collegarsi una colossale beffa, legata alla polizza fideiussoria stipulata dall'azienda, requisito indispensabile per il rilascio dell'autorizzazione per la gestione dei rifiuti, per una garanzia di 725.000 euro, somma volta a coprire anche i costi di bonifica in caso di incidente. Ebbene, tale polizza è stata stipulata con la City Insurance, alla quale già nel 2012, l'Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni Private, aveva fatto divieto di stipulare contratti in Italia4. Divieto confermato nel 2014, per risorse finanziarie inadeguate e gravi rischi di insolvenza in seno alla Società.
Naturale chiedersi come mai, in occasione della voltura stipulata tra le due aziende in questione, nel 2014, nessuno abbia fatto caso a questa grave lacuna. La pratica delle garanzie assicurative fasulle stipulate al solo fine di ottenere appalti ed autorizzazioni per aziende operanti nel settore dei rifiuti in Italia, non è pura fantasia ma una triste realtà a cui sembra che gli Enti della Regione Lazio non sembrano nemmeno interessati forse.
Inoltre si dovrà appurare l'avvenuto o meno inquinamento delle falde superficiali per il tramite del torrente attiguo l'azienda e delle acquifere sottostanti le aree dei rifiuti e se sono stati posti correttamente in essere i piezometri a monte e a valle della falda per il monitoraggio delle acque.
La mia impressione, da accertatore è che la denuncia dell'amministratore per incendio colposo, inquinamento ambientale, violazioni norme antincendio, non porterà a nulla, purtroppo, come in generale.
La vera battaglia nel caso dei rifiuti si vince nella prevenzione, nell'informazione, nel controllo minuzioso della documentazione durante l'iter burocratico, nella adozione di tutte le prescrizioni per il rilascio delle concessioni autorizzative e, "dulcis in fundo" nella serietà delle ispezioni.
Questi ultimi elementi, a mio giudizio, mancano. Mancano a tutti i livelli, a causa di mancanza di personale specializzato, di risorse, di mezzi, di volontà di fare.
E gli italiani quindi, si abituano anche a questi disastri. Perché siamo abituati ai terremoti, alle inondazioni, ai ponti che crollano, alle alluvioni. Viviamo in un paese con un altissimo rischi idrogeologico, una nube di diossina, di fibre di amianto aerodisperse, di policlorobifenile, di veleni, non ci fa nemmeno più paura.
Note:
1- Il 26 aprile del 1986 il mondo affronta il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare. Nelle prime ore del mattino, un errore fatale dei test ha causato un'esplosione nel reattore n °4 alla centrale di Chernobyl, Ucraina (a quei tempi ancora parte dell'Unione Sovietica). In pochi secondi, l'area circostante è stata bombardata con un rilascio radioattivo 400 volte più potente della bomba atomica sganciata su Hiroshima. 30 anni dopo, gli effetti del disastro si fanno ancora sentire. 800.000 uomini hanno rischiato la vita esponendosi alle radiazioni per contenere la situazione. 25.000 di questi sono morti e 70.000 sono rimasti disabili.
2- Il 10 luglio di quarant'anni fa vi fu un grave incidente nell'azienda chimica ICMESA tra Seveso e Meda, che causò la fuoriuscita e la dispersione di una nube della diossina TCDD, una sostanza chimica fra le più tossiche. Il veleno investì una vasta area di terreni dei comuni limitrofi della bassa Brianza, particolarmente quello di Seveso. Il disastro ebbe notevole risonanza pubblica e a livello europeo portò alla creazione della direttiva 82/501/CEE nota anche come direttiva Seveso. Fu la prima volta che la diossina uscì da una fabbrica e andò a colpire la popolazione e l'ambiente circostante. Secondo una classifica del 2010 della rivista Time l'incidente è all'ottavo posto tra i peggiori disastri ambientali della storia. Il sito americano CBS ha inserito il disastro tra le 12 peggiori catastrofi ambientali di sempre.
3- http://pontiniaecologia.blogspot.it/2017/05/pomezia-voltura-da-eco-x-eco-servizi.html
4- http://www.intermediachannel.it/city-insurance-lisvap-spiega-perche-non-puo-stipulare-nuovi-contratti/