Dalle fossili alle rinnovabili: il rischio di un passo indietro nello scacchiere globale
Una spinta decisiva allo sviluppo di un mercato energetico pulito
All’indomani dell’elezione del nuovo presidente Usa, la linea verso un mondo più pulito sembra pericolosamente naufragare. Ma restano delle speranze.
Il presidente uscente degli Stati Uniti Barack Obama ha ribadito che i passi fatti dal suo Paese verso l’utilizzo di energie rinnovabili e in materia di tutela ambientale sono irreversibili. Un processo di transizione impossibile d’arrestare, ha ribadito lo stesso ex presidente, e discorso analogo ha riguardato gli accordi siglati durante la conferenza di Parigi.
Fatte queste debite premesse, l’elezione di Donald Trump dello scorso novembre è stato un colpo che gli ambientalisti hanno digerito a fatica.
Il neoeletto miliardario americano, fin dalle prime battute della sua campagna elettorale, ha evidenziato il suo scetticismo verso gli allarmismi di un riscaldamento globale, manifestando la volontà di porre il progresso e la ripresa americana come priorità su tutto, e quindi anche sull’ecologia. In nome di una politica della libera impresa, i vincoli ambientali non vengono riconosciuti come necessari, piuttosto come un ostacolo. I primi segnali sono stati sin troppo chiari.
A dicembre è stato nominato alla guida dell’EPA, l’ente di protezione ambientale americano, Scott Pruitt. Avvocato, repubblicano, Pruitt rappresenta tutto ciò di più lontano da quello che è stato, almeno a parole, lo sforzo ambientalista made in Usa degli ultimi anni. Pruitt è visto alla stregua dei cosiddetti ‘negazionisti’, coloro che si battono contro i falsi allarmismi sul rialzo delle temperature dovuto all’azione dell’uomo. Si capisce bene il perché. Pruitt ha partecipato come legale al ricorso che 28 Stati americani hanno presentato contro il Clean Power Plan, il piano voluto dall’amministrazione Obama per porre un freno alle emissioni interne. Ora, essendo l’EPA un organismo di emanazione del governo federale, il capo neoeletto si troverà con una causa pendente, da lui stesso avviata, verso l’organo da lui presieduto. Un vero paradosso, che dà comunque l’idea della direzione che prenderanno gli Usa nei prossimi anni.
Più volte Pruitt si è espresso rivelando le sue convinzioni sull’effettiva gravità del riscaldamento globale. “Il dibattito ancora non si può dire concluso. Gli scienziati non concordano sulla effettiva responsabilità dell’azione umana sull’inquinamento ambientale”.
Il curriculum di Scott Pruitt non termina qui. Due anni fa aveva provato ad annullare gli standard da rispettare per limitare l’inquinamento dell’aria, partendo da un memo della Devon Energy, compagnia petrolifera dell’Oklahoma. Ancora prima era stato avvocato per la Exxon Mobil, assumendone le difese contro l’accusa, mossa alla multinazionale, di aver nascosto agli investitori studi che confermavano i cambiamenti climatici. Un uomo in perfetta sintonia con la linea Trump.
Nei prossimi mesi vedremo quali saranno le forze a prevalere. Trump ha già detto di voler ritirare gli Usa dagli accordi di Parigi, anche se prima di quattro anni è difficile che ciò avvenga. Ad ogni modo, tutti i segnali di una falsa partenza ci sono. L’impegno che si era assunto Obama all’inizio della sua amministrazione, solo in parte atteso, non trova spazio ora nei piani di Trump.
Si preannuncia, anzi, un cambio di rotta sostanziale, proprio quando l’ennesima conferenza sul clima sembrava aver messo d’accordo la maggioranza dei Paesi su misure condivise. Senza la spinta di un paese altamente inquinante e potente come gli Usa, con un'Europa troppo debole per guidare una via verso il cambiamento ecologico, rischiano di naufragare le poche, rosee aspettative che si erano venute a creare.
Ma alla fine c’è comunque spazio per le buone notizie, che arrivano dall’altra parte del mondo. La Cina, il paese dove lo smog si sostituisce alla nebbia e i cittadini vanno in giro con mascherine bianche sul viso, ha sorpassato tutti nella corsa verso le energie pulite. Il rapporto “Who’s Winning the Clean Energy Race”, pubblicato dall’organizzazione no-profit Pew Charitable Trust, ha messo nero su bianco come la Cina abbia sorpassato tutti gli altri per investimenti in energia pulita, seguita sul podio dalla Germania e dagli Stati Uniti. Notizie recenti riportano i dati sugli investimenti cinesi per le rinnovabili: un impegno di 361 miliardi di dollari fino al 2020 per accelerare l’abbandono del carbone e dare una spinta decisiva allo sviluppo di un mercato energetico pulito.